24 aprile 2012

Rastafariano trovato in possesso di marijuana? fine di spaccio escluso se la sostanza non è frazionata in dosi!


Un adepto alla religione rastafariana, a seguito di un controllo da parte dei Carabinieri, veniva trovato in possesso di un’elevata quantità di marijuana.

Il Tribunale di Terni dichiarava l’imputato colpevole del reato di illecita detenzione di sostanza stupefacente e lo condannava, con le circostanze generiche, alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione e 4.000,00 di multa, con il beneficio della sospensione condizionale. Tale decisione veniva altresì confermata dalla Corte di appello di Perugia.

La Cassazione, investita una prima volta della questione, accoglieva il ricorso dell’imputato ed annullava con rinvio la sentenza per insufficiente motivazione in ordine all’esclusione dell’uso personale della sostanza stupefacente; e ciò in quanto, a parere della Corte, i Giudici non avevano tenuto conto della religione a cui l’imputato aderiva, nonché delle circostanze di tempo e di luogo e delle modalità comportamentali al momento del controllo da parte dei Carabinieri.

La Corte di Appello di Firenze, quale giudice di rinvio, riformava la sentenza di primo grado assolvendo l’imputato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Tuttavia, il Procuratore Generale presso la Corte fiorentina ricorreva nuovamente in Cassazione deducendo mancanza e manifesta illogicità della motivazione per non essere stato considerato che il numero di dosi ricavabili dalla sostanza stupefacente sequestrata era pari a settanta, numero incompatibile con un uso esclusivamente personale, e per essere stato illogicamente ritenuto indice dell’uso personale il fatto che la sostanza sequestrata non fosse suddivisa in dosi.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 14876 del 18 aprile 2012, rigettando il ricorso della Procura Generale, ha rilevato che Il giudice di rinvio - con motivazione fondata anche sulle modalità di detenzione della marijuana e sulla spontanea consegna della sostanza, e non esclusivamente sul dato ponderale - si è adeguato ai dettami della sentenza di annullamento ed ha ritenuto plausibile - con motivazione logicamente coerente, che si manifesta come il risultato di una coordinata valutazione dei parametri indicati dall’art. 73 comma 1 bis lett. a D.P.R. 309/90 (quantità, modalità di presentazione, altre circostanze dell’azione) per l’apprezzamento della destinazione ad un uso non esclusivamente personale della sostanza stupefacente detenuta.

La pronuncia in commento si pone in continuità con quel filone giurisprudenziale, ormai prevalente, che ritiene che la finalità di spaccio non possa essere automaticamente e aprioristicamente desunta dalla elevata quantità di sostanza stupefacente rinvenuta (cfr. Corte di Cassazione, 13 gennaio 2012, n. 912 Corte di Cassazione, 9 febbraio 2012, n. 5000).

Per poter ricostruire il fine della detenzione, quindi, occorre valutare ogni circostanza fattuale che si riveli utile, in concreto, a dimostrare o a escludere che l’imputato abbia in tutto o in parte destinato allo spaccio la sostanza stupefacente. Ad esempio:
- l’eventuale stato di tossicodipendenza dell’imputato e il suo grado;
- il contesto ambientale e familiare in cui vive l’imputato ed eventuali rapporti con soggetti implicati in reati in materia di stupefacenti;
- il compimento pregresso di fatti rivelatori di una propensione allo spaccio;
- la capacità reddituale dell’imputato in rapporto alla quantità e qualità dello stupefacente detenuto;
- la quantità e qualità dello stupefacente detenuto in rapporto alle esigenze personali dell’imputato;
- le modalità della custodia e del frazionamento della sostanza;
- il rinvenimento di strumenti idonei al taglio, alla pesatura o al confezionamento.

Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, 18 aprile 2012, n. 14876

Fatto e diritto
Con sentenza in data 13 dicembre 2004 la Corte di appello di Perugia confermava la sentenza emessa il 23 settembre 2002 dal Tribunale di Terni con la quale G.G. era stato dichiarato colpevole del reato di illecita detenzione di sostanza stupefacente (marijuana), reato accertato in Narni Scalo il 30 aprile 1999, ed era stato condannato, con le circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 4.000,00 di multa, con il beneficio della sospensione condizionale.
Con sentenza in data 3 giugno 2008 la sesta sezione penale di questa Corte annullava la predetta sentenza con rinvio alla Corte di appello di Firenze, per l’insufficiente motivazione in relazione all’esclusione dell’invocato uso esclusivamente personale della sostanza stupefacente, in ossequio ai dettami della religione rastafariana di cui l’imputato era adepto, e alla mancata considerazione delle circostanze di tempo e di luogo e delle modalità comportamentali all’atto del controllo da parte dei Carabinieri.
La Corte di appello di Firenze, con sentenza in data 7 febbraio 2011, riformava la sentenza di primo grado assolvendo l’imputato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Avverso la sentenza del giudice di rinvio la Procura Generale presso la Corte di appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione.
Con il ricorso si deduce:
1) il vizio della motivazione risultante dalla documentazione prodotta dalla difesa e allegata al verbale del giudizio di appello definito con la sentenza annullata; tale documentazione sarebbe costituita da documenti sulla religione rastafariana, che non dimostravano comunque che l’imputato ne fosse un seguace, e da atti relativi all’appartenenza del G. ad un gruppo musicale; nella sentenza impugnata sarebbero state inoltre valutate le dichiarazioni rese al riguardo dall’imputato al teste brig. F. la cui deposizione sul punto sarebbe stata tuttavia inutilizzabile ex artt. 62 e 191 c.p.p.;
2) la mancanza e manifesta illogicità della motivazione per non essere stato considerato che il numero di dosi ricavabili dalla sostanza stupefacente sequestrata era pari a settanta, numero incompatibile con un uso esclusivamente personale, e per essere stato illogicamente ritenuto indice dell’uso personale il fatto che la sostanza sequestrata non fosse suddivisa in dosi.
Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.
Nel caso in esame, il giudice di merito ha ineccepibilmente osservato che la marijuana, consegnata spontaneamente ai Carabinieri dal G., era detenuta non solo dall’imputato ma anche dall’altro occupante del veicolo attrezzato a camper sottoposto a controllo mentre era fermo in una piazzola della superstrada nei pressi di Narni, secondo quanto dichiarato dal teste F., e che la destinazione all’attività di spaccio doveva ritenersi esclusa dalla circostanza che la sostanza stupefacente non era suddivisa in dosi, ma sfusa. L’assoluzione del ricorrente risulta nella sentenza impugnata, indipendentemente dalle giustificazioni addotte dall’imputato al brig. F. e quindi dalla sua asserita adesione ai dettami della religione rastafariana (le dichiarazioni rese dall’imputato al teste non risultano utilizzate nella motivazione del giudice di rinvio, per cui non si pone nemmeno la prospettata questione della loro utilizzabilità), adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una puntuale valutazione delle emergenze dibattimentali, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile.
Altrettanto va detto con riferimento al secondo motivo di ricorso.
Il giudice di rinvio - con motivazione fondata anche sulle modalità di detenzione della marijuana e sulla spontanea consegna della sostanza, e non esclusivamente sul dato ponderale - si è adeguato ai dettami della sentenza di annullamento ed ha ritenuto plausibile - con motivazione logicamente coerente, che si manifesta come il risultato di una coordinata valutazione dei parametri indicati dall’art. 73 co. 1 bis lett. a D.P.R. 309/90 (quantità, modalità di presentazione, altre circostanze dell’azione) per l’apprezzamento della destinazione ad un uso non esclusivamente personale della sostanza stupefacente detenuta sez. VI 1° ottobre 2008 n. 40575, Marsilli; sez. VI 18 settembre 2008 n. 39017, P.G. in proc. Casadei; sez. VI 29 gennaio 2008 n. 17899. P.M. in proc. Corrucci; sez. IV 17 dicembre 2007 n. 16373, Pagliaro) - la tesi difensiva di precostituzione di una scorta di marijuana per uso personale da parte dell’imputato e dell’amico che si trovava con lui sul veicolo sottoposto a controllo da parte dei Carabinieri. Questa valutazione, adeguatamente motivata, è incensurabile in questa sede, trattandosi di valutazione di fatto sottratta al sindacato di legittimità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Depositata in Cancelleria il 18.04.2012

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