Corte di Cassazione, 30 dicembre 2011, n. 30652 citazione in appello: la mancanza dell'avvertimento ex art. 163, terzo comma, n. 7 c.p.c. non causa automaticamente la nullità dell’impugnazione
La sentenza della Corte di Cassazione n. 30652, depositata il 30 dicembre 2011, ponendosi in netto contrasto con l’orientamento giurisprudenziale più consolidato, ha affermato che l’omesso avvertimento all’appellato, nell’atto di citazione in appello, delle conseguenze derivanti dalla costituzione tardiva (art. 163, terzo comma, n. 7 c.p.c.) non determina automaticamente un “error in procedendo” sanzionato da nullità del procedimento di impugnazione, col conseguente rinvio per la rinnovazione, qualora l’atto sia notificato al procuratore costituito in primo grado e la parte contumace non sia in grado di indicare quale pregiudizio al proprio diritto di difesa sia derivato da tale omissione.
Così decidendo, la Cassazione ha rigettato il ricorso, presentato dalla parte contumace in appello, con il quale la stessa denunciava la nullità della sentenza e del procedimento per mancanza, nell’atto di citazione notificato al procuratore costituito in primo grado, dell’avvertimento relativo alle conseguenze della costituzione tardiva.
Per comprendere l’iter logico seguito dalla Corte nella sentenza n. 30652/2011, è necessario procedere per gradi.
In forza dell’art. 359 c.p.c., nel procedimento d’appello davanti al Tribunale o alla Corte si osservano le norme dettate per il procedimento di primo grado innanzi al Tribunale, compatibilmente con le particolari esigenze del processo di secondo grado e con le disposizioni speciali ad esso dedicate.
L’atto introduttivo del primo grado, come sappiamo, deve contenere tutti gli elementi previsti dall’art. 163 c.p.c., tra cui gli avvertimenti al convenuto, che sono:
- invito a comparire all’udienza indicata; - invito al convenuto a costituirsi nel termine di 20 giorni prima dell’udienza, con l’espressa avvertenza che la mancata costituzione nei termini implica le decadenze di cui all’art. 167 (possibilità di proporre domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, chiamare in causa i terzi) nonché l’impossibilità di contestare la competenza del giudice adito ai sensi dell’art. 38. |
Se trasponiamo quanto detto al giudizio d’appello, si comprende facilmente che gli avvertimenti concernenti le domande riconvenzionali, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio non hanno molto senso in sede di impugnazione, in quanto le relative preclusioni sono già eventualmente maturate nel primo grado di giudizio.
Si potrebbe obiettare affermando che per “domanda riconvenzionale” è da intendersi l’appello incidentale. In realtà la decadenza concernente la possibilità di proporre l’appello incidentale è specificamente prevista dall’art. 343 c.p.c., non già dall’art. 167 c.p.c. Di conseguenza, per ritenere che il richiamo dell’art. 167 si traduca in avvertimento mirato alla decadenza dall'appello incidentale è necessaria una interpretazione estensiva della disposizione in parola.
Tra le due decadenze (quella “generale” prevista dal 167 e quella “specifica” dettata dal 343 c.p.c.), inoltre, c’è una differenza sostanziale qualora (ed è il caso più diffuso), l’atto di citazione in appello sia notificato al procuratore costituito in primo grado, soggetto che, a differenza della parte sprovvista di cognizioni processuali, già conosce gli obblighi e le facoltà inerenti la difesa in appello e non ha bisogno di essere reso edotto di alcunché.
Del resto, anche qualora si ammetta che l’avvertimento ex art. 167, terzo comma, n. 7 faccia parte del contenuto necessario della citazione di appello, la mancanza dell’avvertimento stesso in un atto che contenga, come nella specie, la esatta indicazione della data per la quale l'appellato è invitato a comparire, impone alla parte normalmente diligente di comparire a quell’udienza e, in quella sede, eventualmente dedurre la mancanza ed ottenere nuovo termine per espletare le proprie difese.
Per evitare, quindi, che una garanzia meramente formale (che non necessariamente tutela una condizione di pregiudizio al diritto di difesa) possa automaticamente determinare la nullità degli atti svolti in contumacia dell’appellato, è necessaria una rilettura antiformalistica del sistema. Pertanto, la parte che, in sede di legittimità, invochi la nullità per mancanza dell’avvertimento ex art. 163, terzo comma, n. 7 c.p.c., deve necessariamente provare in che modo tale omissione abbia impedito la conoscenza del processo e la costituzione in giudizio.