6 marzo 2012

Cassazione, 23 febbraio 2012, n. 2741 condominio e canna fumaria tra diritto di veduta ed uso della cosa comune


I proprietari dell’unità immobiliare sita al piano attico di un condominio agivano in giudizio per la rimozione di una canna fumaria collocata, dalla società proprietaria di una pizzeria, in aderenza al muro condominiale e a ridosso della loro terrazza. Si costituivano in giudizio il conduttore dell’esercizio commerciale e la società proprietaria della pizzeria, eccependo l’autorizzazione dell’assemblea, l’assenza negli attori della proprietà esclusiva e l’inesistenza di un pregiudizio.

All’esito del giudizio, il Tribunale rigettava la domanda. La Corte d’Appello, investita del gravame proposto dai proprietari dell’attico, ordinava la rimozione della canna fumaria fino a tre metri sotto la soglia della terrazza, ritenendo vi fosse una lesione del diritto di veduta ai sensi dell’art. 907 c.c..

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2741, depositata il 23 febbraio 2012, ha innanzitutto rilevato che il caso di specie imponeva un indagine della legittimità dell’opera non in riferimento alla disciplina del diritto di veduta ex art. 907 c.c. ma del principio desumibile dall’art. 1102 c.c., secondo il quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Secondo il Collegio, infatti, vi è difficoltà di concepire una canna fumaria (nella specie un tubo in metallo) come costruzione ai sensi dell'art. 907 c.c., trattandosi piuttosto di manufatto che costituisce un semplice accessorio di un impianto (nella specie forno), facente parte di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, collocato non nel fondo adiacente a quello del condomino che ne denunzia la illegittimità, ma nello spazio non condominiale.

Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, 23 febbraio 2012, n. 2741

Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 28.3.2001 M. M., M. e G. L. M., premettendo di essere proprietari di una unità immobiliare al piano attico del condominio C. D. O. in (omissis), agivano in giudizio per la rimozione di una canna fumaria asseritamente collocata dalla società proprietaria della pizzeria bar al piano terra in aderenza al muro condominiale a ridosso della loro terrazza, integrando illegittima limitazione della veduta e violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni.
Si costituivano B. C., conduttore dell'esercizio e M. srl, proprietaria della pizzeria, eccependo l’autorizzazione dell'assemblea condominiale, l'assenza nei ricorrenti della proprietà esclusiva e l’inesistenza di pregiudizio alcuno.
La misura interinale veniva concessa e poi revocata e, con sentenza n. 169/03 la sezione di Portogruaro del Tribunale di Venezia rigettava la domanda, con compensazione delle spese, decisione riformata dalla Corte di appello di Venezia, con sentenza n. 502/2010, che ordinava la rimozione della canna fumaria installata in aderenza al muro comune fino a metri tre sotto la soglia della terrazza con condanna alle spese, sul presupposto che il proprietario di un singolo piano ha diritto ad esercitare dalle proprie vedute una vista a piombo fino alla base dell’edificio oltre che quella panoramica tutt'all’intorno e la possibilità del condomino di appoggiare la canna fumaria è ammessa solo ove non leda il diritto di veduta.
Ricorrono C. e M. srl con unico articolato motivo, resistono le controparti. I rispettivi atti sono illustrati da memorie.
Motivi della decisione
Si lamentano violazione degli artt.. 1102, 906 e 907 cc e vizi di motivazione sulla lesione del diritto di veduta per non essere stata nemmeno indicata la distanza di legge che avrebbe dovuto essere rispettata e, a tutto concedere, la distanza avrebbe dovuto essere calcolata in orizzontale e non in verticale.
Unico riferimento giurisprudenziale alla lettura della Corte territoriale è Cass. 3859/1985, che dà prevalenza all'art. 907 cc rispetto all'art.. 1102 cc. Il manufatto installato, come evidenziato dal ctu, è la soluzione migliore.
Osserva questa Corte Suprema:
Il precedente giurisprudenziale, criticato dal ricorrente perché asseritamente unico, ha statuito che qualora il proprietario di un attico condominiale agisca in via possessoria per denunciare la collocazione di canna fumaria che ha arrecato pregiudizio al suo godimento di veduta, l’indagine sulla legittimità del fatto denunciato va condotta con riferimento all’art. 907 cc e non all'art. 1102, uso della cosa comune, tenuto conto che: la suddetta domanda è rivolta a tutelare il possesso del singolo appartamento, non il compossesso di un bene condominiale, e nella specie, la Corte veneziana ha escluso la fondatezza del primo motivo di gravarne sulla condominialità del muro perimetrale ed ha accolto il secondo sulla limitazione al diritto di veduta, fissando in dispositivo in metri tre la distanza, decisione conforme alla massima riportata, criticata mi termini sopra indicati.
Questa Corte, sia pure in diversa ipotesi, ha statuito che occorre il consenso di tutti i condomini per l’utilizzo in via esclusiva di una canna fumaria (per scarico di fumi di una pizzeria), non trattandosi di uso frazionato della cosa comune (Cass. 6.11.2008 n. 26737) e che è esperibile l'azione di manutenzione ex art.1170 cc. a difesa del possesso da immissioni di fumo pregiudizievoli da canna fumaria (Cass. 30.5.2005 n. 11382 ord.).
La Corte di appello ha limitato l'indagine alla violazione dell'art. 907 cc e non ha considerato che, se ai sensi dell’art. 1102 cc, ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, a fortiori non può limitare il normale godimento del bene di proprietà esclusiva.
Invero vi è difficoltà di concepire una canna fumaria (nella specie un tubo in metallo) come costruzione ai sensi dell'art. 907 cc, trattandosi di manufatto che costituisce un semplice accessorio di un impianto (nella specie forno), facente parte di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, collocato non nel fondo adiacente a quello del condomino che ne denunzia la illegittimità, ma nello spazio non condominiale.
Sembra più corretto valutare la legittimità dell'opera in funzione non dell'art. 907 cc ma del principio desumibile dall'art 1102 ce, secondo cui, come dedotto, ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso.
In mancanza di una indagine per accertare se, con la realizzazione del manufatto, si impedisca il normale godimento del bene, il ricorso va accolto nei sensi di cui in motivazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.

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